Lampedusa è una bellissima isola situata a sud dell'italia dove
ancora le spiagge sono di una bellezza unica. Il nome dell'isola,
Lampedusa,
ha origine incerta. Deriva probabilmente dall'effetto che dovevano avere
i lampi dei frequenti temporali nel mediterraneo, e che illuminavano
l'isola rendendola visibile anche da lontano ai naviganti erranti del
mare.
Arabi e Romani avevano un insediamento stabile nell’isola, fatto
confermato dal ritrovamento di monete dell'epoca. Molti reperti greci
e romani, provenienti da relitti, testimoniano di un consistente traffico
navale intorno all'isola fin dal 700 A.C
Il primo documento storico è però datato solo 1430, quando
Alfonso V° d’Aragona, Re di Napoli, premia il proprio cameriere
personale concedendogli i diritti sull’isola a Giovanni De Caro
dei Borboni di Montechiaro. Successivamente, è noto che nel 1551
l'ammiraglio Andrea Doria, alla guida di una flotta di Carlo V, fece
sosta a Lampedusa al ritorno da una operazione di guerra ai pirati in
Tunisia, nella quale distrusse la roccaforte di Mekdia. Una tempesta
costringe la flotta di Doria a fermarsi a Lampedusa durante il viaggio
di ritorno; l'isola a quel tempo doveva essere affascinante, poichè
gli uomini dell’equipaggio decidono di stabilirsi sull’Isola.
Non fu una scelta felice, poichè due anni dopo verranno catturati
e deportati in schiavitu' dai medesimi pirati tunisini combattuti in
precedenza.
Nel 1630 si ha notizia che Carlo II° di Spagna concede alla famiglia
Tomasi – gli avi del celebre autore del Gattopardo – la
proprietà dell’Isola stessa ed il titolo di Principi di
Lampedusa. Si sa poi che una terribile pestilenza colpisce l’isola
intorno all’anno 1780 ed una lapide in marmo rinvenuta in una
grotta, la conferma appunto con la sepoltura nel 1784 di un morto per
peste. Nel 1800 i principi di Lampedusa concedono in enfiteusi una parte
dell’isola ad un gruppo di contadini della famiglia maltese Gatt,
che a sua volta ne cede buona parte , pochi anni dopo, all’ inglese
Alessandro Fernandez. I buoni rapporti non durano a lungo , tanto che
i principi Tomasi chiedono a Ferdinando II° - re delle due Sicilie,
l’autorizzazione a vendere l’isola agli inglesi. L’autorizzazione
viene negata ed anzi per un prezzo di 12.000 ducati, nel 1839 l’isola
viene riacquistata dal Re, intenzionato a trasformarla in colonia agricola.
Nel 1843, alla guida di un gruppo di 120 coloni reclutati con editto
reale, il cavaliere Bernardo Maria Sanvisente, con titolo di governatore,
sbarca sull’isola, con l’incarico di portare a coltivazione
tutto il terreno disponibile. Inizia un periodo di grandi opere : i
tuttora esistenti sette palazzi, dimore per i nuovi abitanti, frantoi,
magazzini per i raccolti, piccoli stabilimenti per la salatura del pesce,
cimitero. Ma i Borboni, a corto di denaro, incuranti delle proteste
del loro Governatore Sanvisente, iniziano a concedere a chiunque ne
facesse domanda, autorizzazioni a produrre carbone vegetale, utilizzando
gli alberi dell’Isola. Cosicché, in breve, l’Isola
viene privata della sua vegetazione e le coltivazioni, sempre più
esposte ai forti venti, più difficili e meno redditizie.
L’arcipelago delle Pelagie deve il suo nome al greco “ Pelaghiè
“, che significa Isole dell’alto mare. Trovandosi al centro
del Mediterraneo e quindi rifugio e punto di rifornimento delle navi
dei Fenici, dei Saraceni, dei Romani e dei Greci che navigavano in questo
mare, sono state probabilmente oggetto di contese, scorrerie e battaglie,
delle quali non si hanno notizie certe. Anche il suo nome ha origine
incerta. La versione più accreditata è che derivi dai
lampi che – forse in passato – illuminavano frequentemente
le notti dell’isola spaventando i naviganti. Monete ritrovate
durante recenti scavi, fanno pensare che i Romani avessero insediamento
stabile nell’isola, come nei secoli successivi lo hanno avuto
gli Arabi. Il mare intorno all’isola, disseminato di relitti di
navi romane e greche, con migliaia di anfore in buona parte intatte,
è stato per anni saccheggiato ed i reperti dispersi, ma ancora
oggi capita che i pescherecci a strascico, si ritrovino nelle reti frammenti
di anfore o di ancore.
Notizie più certe si hanno a partire dal 1430, quando Alfonso
V° d’Aragona, Re di Napoli, concede i diritti sull’Isola
al suo cameriere personale, Giovanni De Caro dei Borboni di Montechiaro.
Nel 1551, una flotta ai comandi dell’ammiraglio Andrea Doria,
su ordine di Carlo V°, distrugge la roccaforte di Mekdia,in Tunisia,
covo del pirata turco Dragret. Durante il viaggio di ritorno, sorpreso
da una forte tempesta e dopo avere perso buona parte del suo equipaggio,
la flotta ripara a
Lampedusa, probabilmente
a Cala Pisana. Gli uomini dell’equipaggio si stabiliscono sull’Isola,
ma la vendetta del turco Draget si compie due anni dopo e durante una
scorreria vengono deportati in schiavitù più di mille
abitanti dell’isola. Nel 1630 si ha notizia che Carlo II°
di Spagna concede alla famiglia Tomasi – gli avi del celebre autore
del Gattopardo – la proprietà dell’Isola stessa ed
il titolo di Principi di Lampedusa. Si sa poi che una terribile pestilenza
colpisce l’isola intorno all’anno 1780 ed una lapide in
marmo rinvenuta in una grotta, la conferma appunto con la sepoltura
nel 1784 di un morto per peste. Nel 1800 i principi di Lampedusa concedono
in enfiteusi una parte dell’isola ad un gruppo di contadini della
famiglia maltese Gatt, che a sua volta ne cede buona parte , pochi anni
dopo, all’ inglese Alessandro Fernandez. I buoni rapporti non
durano a lungo , tanto che i principi Tomasi chiedono a Ferdinando II°
- re delle due Sicilie, l’autorizzazione a vendere l’isola
agli inglesi. L’autorizzazione viene negata ed anzi per un prezzo
di 12.000 ducati, nel 1839 l’isola viene riacquistata dal Re,
intenzionato a trasformarla in colonia agricola.principi Tomasi chiedono
a Ferdinando II° - re delle due Sicilie, l’autorizzazione
a vendere l’isola agli inglesi. L’autorizzazione viene negata
ed anzi per un prezzo di 12.000 ducati, nel 1839 l’isola viene
riacquistata dal Re, intenzionato a trasformarla in colonia agricola.
Nel 1843, alla guida di un gruppo di 120 coloni reclutati con editto
reale, il cavaliere Bernardo Maria Sanvisente, con titolo di governatore,
sbarca sull’isola, con l’incarico di portare a coltivazione
tutto il terreno disponibile. Inizia un periodo di grandi opere : i
tuttora esistenti sette palazzi, dimore per i nuovi abitanti, frantoi,
magazzini per i raccolti, piccoli stabilimenti per la salatura del pesce,
cimitero. Ma i Borboni, a corto di denaro, incuranti delle proteste
del loro Governatore Sanvisente, iniziano a concedere a chiunque ne
facesse domanda, autorizzazioni a produrre carbone vegetale, utilizzando
gli alberi dell’Isola. Cosicché, in breve, l’Isola
viene privata della sua vegetazione e le coltivazioni, sempre più
esposte ai forti venti, più difficili e meno redditizie.
Il Governatore Sanvisente rassegna le proprie dimissioni e mentre i
redditi agricoli vanno praticamente scomparendo, l’attenzione
degli abitanti si concentra prevalentemente sulla pesca. Nel 1860, con
la caduta del Regno delle Due Sicilie, le Pelagie vengono unite al regno
d’Italia.Nel 1872 il governo italiano, deciso a fare dell’Isola
una colonia penale, nomina un Commissario che revoca tutte le concessioni
di terre ai coloni, provocando un ulteriore regressione delle coltivazioni
ed un ovvio risentimento della popolazione. Fra alti e bassi dell’economia
locale e lenti miglioramenti delle comunicazioni con la Sicilia, si
arriva alla seconda guerra mondiale, durante la quale, per la sua importante
posizione strategica sulla rotta fra la Sicilia, Malta, Libia e Tunisia,
l’Isola viene fortificata ed ancora oggi si possono notare fortini,
camminamenti, caserme.Finita la guerra, a lento rimorchio della rinascente
economia italiana,
Lampedusa può avere la centrale elettrica,
il collegamento telefonico, un dissalatore ed infine, nel 1968, l’aeroporto.
Il reddito degli abitanti è ancora totalmente assicurato dalla
pescosità del mare e dai banchi di spugne delle acque limitrofe,
ma iniziano ad arrivare i primi pochi turisti, tutti amanti della pesca
subacquea.economia italiana, Lampedusa può avere la centrale
elettrica, il collegamento telefonico, un dissalatore ed infine, nel
1968, l’aeroporto. Il reddito degli abitanti è ancora totalmente
assicurato dalla pescosità del mare e dai banchi di spugne delle
acque limitrofe, ma iniziano ad arrivare i primi pochi turisti, tutti
amanti della pesca subacquea. Nel 1986 finalmente arriva la notorietà.
Gheddafi – le radio di tutto il mondo lo annunciano – lancia
due missili contro
Lampedusa, che sbagliando inspiegabilmente e clamorosamente
il bersaglio, scoppiano in mare. Tutti imparano in quei giorni che l’Italia
ha queste tre isolette, molto più vicine all’Africa che
alla Sicilia, sperdute in un mare meraviglioso. Le televisioni ne parlano
per giorni,
Lampedusa fa il giro del mondo.
Arrivano turisti a centinaia, a migliaia. Lampedusa,
ora conosciuta, inizia una nuova vita. I pescatori si trasformano in
operatori turistici, si aprono alberghi, ristoranti, negozi. L’economia
dell’Isola si trasforma velocemente. La maggior parte del reddito
degli abitanti viene dal turismo, non più dalla pesca. Per amore
di cronaca, pochi anni fa, viene pubblicata la notizia che in realtà
Gheddafi non sparò alcun missile. Pare che gli americani, molto
preoccupati del progressivo avvicinamento dei politici italiani alla
Libia - una banca libica aveva anche acquisito in quei giorni una rilevante
partecipazione nella Fiat – avessero dato ordine a due caccia
di superare il muro del suono. Gli americani della base Loran dell’Isola,
subito dopo il bang, lanciano la notizia dello scoppio di due missili,
notizia che fa il giro del mondo, portando ad un notevole raffreddamento
dei rapporti fra i due stati, ma soprattutto al lancio turistico dell’Isola.